Antica Città medioevale, conosciuta in tutto il mondo per la sua storia, per i suoi pregevoli monumenti, per la magia dei suoi paesaggi e delle sue dimore patrizie.

Terra di incanto, così come la descrissero i più illustri viaggiatori di ogni tempo che la elessero a "Patria dello spirito". Solo visitando Ravello è dato vivere intensi momenti di magico stupore!

Il duomo di Ravello, dedicato a Santa Maria Assunta, fu edificato alla fine dell'XI secolo: si tratta di una basilica di derivazione benedettino-cassinese con tre navate, scandite da un doppio colonnato, transetto sopraelevato per la presenza di una sottostante cripta ed absidi estradossate.

La porta di bronzo donata dal nobile ravellese Sergio Muscettola, fu eseguita da Barisano da Trani nel 1179, come si evince dall'iscrizione dedicatoria. Essa è costituita da due battenti in legno su cui sono affisse in maniera quasi speculare 80 formelle, di cui 54 figurate e 26 decorative. Le giunture sono ricoperte da fasce ornamentali raccordate da borchie piramidali o circolari assicurate alla struttura con grossi chiodi. La tecnica utilizzata nella realizzazione delle formelle è il bassorilievo, via di mezzo tra l'incisione orientale e l'altorilievo del romanico occidentale: il bronzo fuso era versato in stampi in sabbia e gesso dove veniva plasmato nei modi desiderati. Nel ciclo iconografico vengono rappresentati, a partire dai registri più bassi, il mondo animale e vegetale (l'albero della vita, tema di origine mesopotamica) l'universo umano (rappresentato dagli arcieri e dai mazzieri) e le gerarchie della Chiesa (Santi, Madonna e Cristo).
L'ambone dell'epistola fu fatto eseguire dal secondo vescovo della diocesi Costantino Rogadeo (1094 - 1150). L'arredo è costituito da due scale laterali affiancate ad un lettorino centrale, recante in alto un'aquila dalla testa mozza. Nel registro inferiore due plutei sono decorati con dischi di porfido e serpentino, inquadrati da meandri curvilinei, ruote cosmiche che richiamano l'azione creatrice del Verbo. In alto un mosaico raffigura l'episodio biblico del profeta Giona, ingoiato e vomitato dal pistrice, prefigurazione della morte e resurrezione di Gesù. Sotto il lettorino, a sottolinearne il carattere di monumento alla resurrezione, due pavoni, simbolo della vita eterna, sormontano una nicchia centrale che rimanda al sepolcro vuoto.

Villa Rufolo, sorta tra l'XI e il XII secolo, non si propone come un' entità costruttiva unitaria ma come il raccordo tra strutture che sono state create in tempi successivi, difficili da determinare. E probabile, però, che la maggior parte delle costruzioni sia stata edificata alla metà del XIII sec., nel periodo di maggiore splendore della famiglia Rufolo. Il complesso è circondato su ogni lato da un muro di cinta e verso i monti è presidiato da due torri: la torre maggiore con il compito offensivo-difensivo, priva di troppi ornamenti, sembra essere stata indirizzata alla costruzione di un castello più che di un sollazzo e potrebbe, pertanto, costituire il nucleo più antico mentre la torre minore fa da ingresso. Un ombroso viale conduce al chiostro, elevato su archi ogivali sorretti da colonne in marmo  bianco.
Qui la decorazione diventa ricamo minuzioso: le colonnine binate sono sormontate da un ornamenti in pietra tufacea che, partendo da un motivo trilobo, assumono un aspetto fiammeggiante. La struttura presenta solo in minima parte l’aspetto originario per le distruzioni del tempo e le manomissioni subite. Nel XV secolo la domus aristocratica passò per diritto di successione alle famiglie Muscettola e Confalone mentre nel XVIII secolo divenne proprietà della famiglia D'Afflitto che, per rendere abitabile la struttura, spese ingenti somme distruggendo, però, pregevoli parti dell'edificio. Nel 1851 il palazzo fu acquistato dallo scozzese Francis Nevile Reid, illustre botanico e appassionato d'arte, che giovandosi dell'operato di Michele Ruggiero, nominato più tardi direttore agli scavi di Pompei, restaurò con gusto le emergenze architettoniche e il giardino, ormai abbandonato, arricchendolo di essenze mediterranee ed esotiche.
E proprio in questo giardino d'incanto il 26 maggio 1880 Richard Wagner trovò l'ispirazione per l'ambientazione del quadro scenico del II atto del Parsifal, lasciando nell’albo della “Pensione Palumbo”, in cui si era stabilito con la famiglia e il pittore russo Paul Von Youkowsky, il celebre autografo: ”Die Klingsor Garden is gefunden – Il Magico Giardino di Klingsor è trovato, 26 maggio 1880”, a perenne ricordo di quel giorno memorabile.

Villa Cimbrone.
Villa Cimbrone, originariamente proprietà delle nobili famiglie Acconciagioco e Fusco, fu acquistata nel 1904 da Ernest William Beckett Lord Grimthorpe che, desideroso di trasformare quel posto nel "luogo più bello al mondo", affidò i lavori a Nicola Mansi, un ravellese dalle notevoli capacità inventive, in grado di assecondare i desideri e le indicazioni dell'illuminato committente, viaggiatore di grande esperienza e attento collezionista di opere d'arte. Il palazzo, il chiostro e le emergenze architettoniche del complesso testimoniano la sensibilità delle maestranze locali, capaci di coniugare il gusto mediterraneo con soluzioni di chiara ispirazione anglosassone. Il giardino, già decantato nell'800 dal Gregorovius nelle sue note di viaggio come "incomparabile, ove crescevano i più bei fiori immaginabili, provenienti da innumerevoli piante del Sud …", venne in parte ridisegnato ed arricchito di innumerevoli e pregevoli elementi decorativi ( tempietti, padiglioni, lapidi, statue). Il viale dell’immenso, che fece da cornice alla cavalcata di Richard e Cosima Wagner nel 1880, conduce all’incomparabile belvedere, sospeso tra cielo e terra, da cui è possibile godere di un panorama unico al mondo. Villa Cimbrone, punto d'incontro del famoso circolo londinese di Bloomsbury, ha ospitato sovrani e nomi illustri dell'arte, della scienza,della politica quali Forster, Strachey, Keynes, Moore, Russel, Elliot, Crick, Piaget, Virginia Woolf, D.H. Lawrence, i Duchi di Kent, Churchill, oltre ad aver protetto la celebre fuga d'amore di Greta Garbo con Leopold Stokowsky.